Un gioco stupido

È la prima volta in vita mia che partecipo dall’interno ad una campagna elettorale e molte cose sono interessanti, altre suggestive, altre ancora frustranti; infine, una sezione a parte è coperta dalle cose assolutamente indisponenti, quelle di cui proprio non riesci a capacitarti per la loro stupidità.
Per spiegare questo punto faccio un passo indietro nel tempo. In un passato oramai abbastanza remoto, nelle mie frequentazioni di gruppi dell’estrema sinistra, una cosa che mi faceva infuriare era il prosperare di quella forma di sciovinismo culturale per cui ogni gruppuscolo riteneva di essere l’unico detentore della Verità nella sua forma più pura e incontaminata, mentre tutti gli altri compagni di fronte erano in qualche misura corrotti da un qualche cedimento di principio, da un qualche indizio di potenziale collusione col nemico, e andavano denunciati, screditati, epurati.
Al tempo questo atteggiamento mi irritava per ragioni pratiche: vi vedevo le avvisaglie dell’irrilevanza. Gruppi che avevano l’ambizione di mutare il paradigma politico del mondo contemporaneo, e che regolarmente operavano feroci scissioni su questioni di purezza di dettaglio che il popolo, di cui dichiaravano di essere portavoce, non avrebbe mai capito né ritenuto rilevanti. Una ricetta sicura per la catastrofe.

Col tempo ho compreso che la ragione profonda di quell’atteggiamento non era, come pensavo, una questione di personalismi e gelosie. Il punto fondamentale di quell’atteggiamento era la profonda e indicibile consapevolezza della propria debolezza, della propria fragilità di visione.

Questa fragilità portava a due sbocchi. Da un lato portava alla rigidità (se la tua visione del mondo è fragile, non puoi cambiare niente senza temere che vada in frantumi), e dall’altro e soprattutto, portava a riconoscere come unico nemico che le forze bastavano ad affrontare il tuo umile compagno di strada, appena un po’ diverso da te.
Questo atteggiamento, come noto, ha condotto alla pressoché completa dissoluzione di quelle forze e alla loro irrilevanza politica, nonostante la radicalità delle ambizioni.
Ecco, in questa fase storica le stesse dinamiche si verificano oggi in alcune forze “antisistema”. Alcune di esse, avendo una visione da proporre fragilissima e che non va al di là di un paio di robusti “no”, non hanno semplicemente il physique du rôle per giocare una partita a lungo termine con un nemico che ad oggi ha quasi tutte le carte che contano (il “sistema”). Per questa fragilità, che percepiscono tacitamente, tali forze dedicano la maggior parte delle proprie energie alla ricerca di dettagli, pettegolezzi, estrapolazioni (o anche vere e proprie calunnie) che gli permettano di screditare i propri vicini di barricata.
Naturalmente questo gioco – singolarmente stupido, oltre che eticamente pessimo – ottiene come unico risultato di indebolire la barricata dietro a cui siamo tutti trincerati. Invero, se non sapessi che esiste la dinamica psicologica di cui sopra, sarei tentato di pensare che quelli che si affaticano a screditare i propri compagni di strada siano in realtà degli infiltrati, visto che il risultato che ottengono non potrebbe essere più desiderabile per l’establishment.
Se giocassi allo stesso gioco di questa gente avrei fatto nomi e cognomi, avrei citato episodi e situazioni, ma non lo faccio, non per rispetto personale per chi si comporta così (non ne ho alcuno), ma per rispetto per il loro elettorato, per la loro gente, che ha dato loro credito – a torto o a ragione – in quanto sentivano e sentono il bisogno che la propria opposizione, la propria resistenza, sia rappresentata; e questo è un sentimento civico prezioso, che in una fase così delicata sarebbe criminale spegnere.
Per chiunque abbia capito la serietà della sfida e la gravità del momento storico queste bagatelle e malignità non possono che mettere tristezza: chi adotta questo stile si dimostra per ciò stesso non all’altezza della sfida.

Chi in questi momenti invece ha subito o subisce questo fuoco amico deve solo tenere duro, trangugiare un antiacido, e tenere la barra a dritta, nella consapevolezza che il tempo sarà galantuomo.